Un nuovo futuro per la dissalazione

Investimenti e nuove tecnologie per combattere la siccità del pianeta.

19 Settembre 2019

Una crescita che non conosce soste: dal primo impianto di dissalazione nel 1965 a Coalinga, in California, ai più di 20.000 di oggi che offrono acqua potabile a più di trecento milioni di persone nel mondo, secondo i dati della International Desalination Association (IDA). Oggi la più alta concentrazione di impianti si trova nei paesi del Golfo, in cui la scarsità d’acqua è un dato di fatto e può essere un freno allo sviluppo. L'Arabia Saudita, ad esempio, produce un quinto dell'acqua potabile estratta dal mare nel mondo, potendo contare su bassi costi energetici per far funzionare gli impianti.

La dissalazione riveste un ruolo sempre importante non solo nelle aree desertiche, ma anche in molte aree urbane, in cui la crescita della popolazione si accompagna a una riduzione delle forniture idriche tradizionali. Un terzo dell’acqua utilizzata a Melbourne proviene oggi da un impianto di dissalazione terminato nel 2017 e costato 3,5 miliardi di dollari, investimento cruciale in un’area che ha visto le precipitazioni inferiori alla media per 18 degli ultimi 20 anni. Nell’area di San Diego è stato costruito il più grande impianto di dissalazione nel nord America: oggi circa il 10% dell’acqua utilizzata dai 3,1 milioni di abitanti dell’area proviene da questo impianto. «La siccità è una condizione ricorrente qui in California», ha dichiarato Jeremy Crutchfield, responsabile delle risorse idriche presso la San Diego County Water Authority, in un articolo apparso sulla rivista Wired nel giugno di quest’anno. «Nel 2017 la nostra area è uscita da un periodo di siccità lungo cinque anni. L’impianto ci ha consentito di ridurre la nostra dipendenza dalle forniture importate, fatto che rappresenta una vera sfida qui in California. Questa è una componente chiave della nostra affidabilità». Il sud della California dipende infatti ancora per circa il 50% del proprio fabbisogno idrico dal lontano bacino del Colorado River e lo stato sta cercando di ridurre quella dipendenza perché la siccità ha fortemente impoverito il fiume. Oggi in California sono presenti dieci impianti di dissalazione e altri 11 sono stati proposti. Anche per uno stato come Israele la dissalazione è cruciale: più della metà dell’acqua consumata nel paese proviene dai cinque impianti in funzione (e altri cinque sono in fase di studio). In Arabia Saudita l’impianto di dissalazione situato nell’area di Shoaiba, sulla costa occidentale del Paese, e inaugurato recentemente da Fisia Italimpianti, utilizza la tecnologia dell’osmosi inversa e produce 250.000 mc/g, fornendo acqua potabile ad oltre un milione di abitanti delle città di La Mecca, Jeddah e Taif.

La sfida è ora quella di rendere la dissalazione sempre meno costosa e sempre più green. Secondo l’IDA Water Security Handbook, pubblicato dall'International Desalination Association (IDA) e Global Water Intelligence (GWI) nel gennaio di quest’anno, il 90% della capacità produttiva degli impianti di dissalazione costruiti a partire dal 2010 utilizza le tecnologie a membrane, il restante tecnologie termiche (con una forte concentrazione di tale tecnologia nei paesi del Golfo). La predominanza della tecnologia a membrana ha portato a concentrare la maggior parte della ricerca e dello sviluppo in questo settore.

Il magazine online del Massachusetts Institute of Technology (MIT News) ha pubblicato nel febbraio di quest’anno un articolo su un nuovo processo, sviluppato dai ricercatori dell’Università americana, che consente di superare uno dei principali problemi della dissalazione: quello dello smaltimento dei residui della produzione degli impianti, la cosiddetta salamoia, composti da una forte concentrazione di sali. Oggi, ogni giorno, al mondo vengono prodotti circa 100 miliardi di litri di acqua dalla dissalazione, che comportano una massa simile in termini di residui salini. Il loro smaltimento in mare richiede un notevole costo in termini energetici e una forte attenzione all’impatto ambientale che possono causare. I ricercatori hanno utilizzato la salamoia per estrarre sostanze chimiche come idrossido di sodio e acido cloridrico. Poiché questi prodotti chimici sono usati dagli stessi impianti di desalinizzazione vengono subito riciclati, con conseguente riduzione dei costi operativi e un impatto minore sull'ambiente. L'idrossido di sodio, conosciuto anche come soda caustica, può infatti trattare l'acqua di mare in maniera preventiva per modificarne l'acidità e prevenire danni alle membrane utilizzate negli impianti che impiegano la tecnologia dell'osmosi inversa. L'acido cloridrico può essere invece utilizzato, fra l’altro, a pulire parti degli impianti «Le tecnologie attuali consentono di riversare i residui ad alta concentrazione salina in maniera ecocompatibile», ha dichiarato nel corso dell’articolo John. H. Lienhard V, professore di ingegneria meccanica al MIT, «Ma è molto meglio recuperare risorse dalla salamoia e ridurre la quantità di residui rilasciata».

Un altro modo per ridurre i costi di produzione e minimizzare l'impatto sui mari e sugli oceani è l'uso di acqua salmastra. Essa, contenendo un decimo di elementi solidi rispetto all’acqua marina, rende il processo di produzione molto più economico. In Texas sono presenti 49 impianti municipali di dissalazione che processano acqua salmastra, sia superficiale sia sotterranea, e a San Antonio è in fase di costruzione il più grande impianto per acqua salmastra degli Stati Uniti. Nella sua prima fase l’impianto - noto come H2Oaks - produce oltre 45 milioni di litri al giorno, sufficienti per circa 40.000 famiglie, ma entro il 2026 ne produrrà 113 milioni di litri al giorno.

La dissalazione tramite energie rinnovabili sta diventando sempre più importante, perché consente di ottenere acqua potabile a prezzi competitivi, riducendo l’uso di combustibili fossili e quindi le emissioni di CO2.

La dissalazione sta diventando sempre più importante anche nel settore industriale. La scarsità d’acqua, la responsabilità sociale d’impresa e la sostenibilità ambientale stanno favorendo un’adozione sempre più massiccia di tecnologie di dissalazione e di riuso all’interno di contesti industriali. «La rimozione di sali disciolti nell’acqua e altre tecnologie, che consentono di trasformare acque reflue di bassa qualità o acqua non raffinata in acqua di alta qualità, saranno in futuro un driver sempre più importante dell’efficienza industriale», ha affermato Devesh Sharma, direttore di IDA e managing director di Aquatech, azienda di tecnologie nella purificazione delle acque.

La dissalazione, dopo anni di lenta, ma costante crescita, conosce oggi un nuovo momento di sviluppo per la sua capacità di dare una risposta concreta alla scarsità d’acqua secondo i principi dell’economia circolare.